In ricordo di Giovanni Carbonara e Valeriano Pastor a un anno dalla scomparsa.
Voglio anticipare questa parte del mio intervento, tenuto all'Università La Sapienza a Roma, il 12 ottobre 2024, nella "Giornata di Studi in ricordo di Giovanni Carbonara", che verrà pubbicato sul prossimo numero di "Castella" dell' Istituto Italiano dei Castelli:
"Carbonara aveva partecipato ai “Dialoghi di Restauro” a Trento, confrontandosi sul tema del “restauro critico”, in particolare con Valeriano Pastor e Salvatore Boscarino. Egli si impone di rispondere a tre ”domande di fondo, dalle quali non è possibile, per quanto lo si voglia, prescindere: perchè, che cosa e solo in ultimo, come si restaura?”. Carbonara riprende le parole di Paul Philippot, che ha approfondito il pensiero brandiano: “Potremmo dire che il restauro sia tout court ‘ipotesi critica’, non espressa verbalmente , ma realizzata in atto, con il linguaggio stesso dell’opera oggetto dell’intervento“, per rispondere alla terza domanda. Per Pastor: “L’essere dentro a un sistema di linguaggi, significa aderire al contesto, comprendendo ciò che nelle forme formate ancora sussiste come forma formante, cioè comprendendo la sussistente capacità di esprimere altro, più di quello che nelle opere è già espresso.” Valeriano Pastor dimostrava, in questo dialogo con Carbonara, una certa affinità di pensiero sul linguaggio come regola insita nell’opera, sul completamento della stessa e sulla composizione architettonica, pur con alcune differenze. Mi dispiace non potermi dilungare per motivi di spazio, ma ritengo doveroso esprimere il mio riconoscimento a questi docenti per l’influenza profonda che hanno avuto sui miei studi e sul mio percorso come architetto.
Per la loro dedizione all’insegnamento, per essere persone giuste, autorevoli e di grande disponibilità, pur rimanendo schive, avevano molti tratti comuni, incluso il profondo rispetto per la professione dell’architetto e per l’impegno che essa comporta.
Pastor ha scritto in due occasioni del restauro delle mura di Cittadella, la prima nel volume che Margherita Petranzan volle curare a metà del mio lavoro, nel 2005. Scrive Valerio :” tratto fondamentale del programma-che qui mi interessa caratterizzare- è alla restituzione della percorribilità del cammino di ronda: è questo il fascino dell’opera.”(…) “Mi soffermo soltanto a considerare due tratti di questo complesso di opere: la struttura costitutiva del percorso e l’intervento sulla lacuna; poiché portano il dispositivo della formatività dell’intero”.
Il secondo scritto è del 2013, alla fine del restauro delle mura, dal titolo “Completamento?”. Qui Pastor pone un interrogativo, “ Il percorso di guardia è percorso di conoscenza del sistema urbano e territoriale, oltre che della costruzione della cinta, scende di quota fino a immergersi completamente tra le cortine murarie, fino a vedere soltanto il cielo, lasciando al di sotto il vuoto, lontani i collegamenti traversali. Perché scende? Quale momento poetico è tale immersione, in quel vuoto accaduto per caso nella vicenda del muro di cinta? E’ l’occasione Evento: suscita l’interrogativo che fa interrogare su di sé, sull’esperienza non solitaria dell’autore che nel completamento dell’opera apre alla necessità di ri-costituire il Paesaggio.”
Qui Pastor parla dell’altra grande lacuna, del vuoto tra porta Padova e porta Treviso, del contesto storico e paesaggistico in cui le mura sono inserite, del rapporto tra città e campagna. Questo scritto segue il convegno del primo giugno 2013 e si relaziona alla terminologia di Giorgio Vasari: “aria e maniera”, “giusta trovata che ha continuità nel corso del tempo, mutando le parole per identificare il senso d’origine e adattarlo alla nostra cultura.” Per aria si intende lo stile personale, “Vediamo nei vari casi del complesso Cinta muraria e Museo delle mura, con i caratteri conferiti all’intero sistema, che c’è uno stile di Patrizia Valle che personalizza una architettura della semplicità, essenziale o minimale (termini che portano un senso ambiguo, per cui tra tutti prediligo semplicità); e dimostra uno stile operativo, dagli studi all’esito finale. Maniera – modificata da Barthes in scrittura (ma non mi diverte parlare di una scrittura del disegno) – va intesa quale modo di fare, o formatività, che in un certo periodo caratterizza un ambiente culturale. Tale formatività l’abbiamo vista operante dalle analisi conoscitive agli esiti formati, come nel modo delle nuove strutture che lavorano per forma.”
Questo concetto filosofico di formatività viene ripreso e sviluppato nella teoria della formatività di Pareyson “ Per coglierei valore artistica dell’opera bisogna allora considerarla come forma formata e e formante insieme come legge del processo di cui è il risultato: farla oggetto d’una considerazione non tanto genetica quanto piuttosto dinamica, perchè l’arte è un facere ch' è perficere, e l’opera svela la propria insostituibile perfezione solo a chi sa coglierela nel processo con cui si adegua con sé stessa.”
Un altro concetto fondamentale è quello di “comporre distinguendo”, messo in evidenza da Massimo Cacciari in un dialogo con Pastor sul progetto del distretto scolastico di Dolo, quando scrive: “Comporre distinguendo avrebbe dunque questo significato: usare di differenze per dire la composizione. Questa aporia porta risolversi in un accordo?”(…) “La differenza sta appunto tra coloro che eliminano il problema della composizione eliminando ogni dramma e coloro che, come te, lo assumono come ‘tetragona’ serietà.”.
Per Pastor “ L’idea ‘comporre distinguendo’ proviene dalla lettura delle opere di Scarpa e della pratica del lavoro (..) quando sviluppava forme identificando autonomia per ciascun elemento della composizione.” La composizione deve manifestare la sua regola, distinguere vuol dire identificare elementi e modi concorrenti. Aggiungo che questo è ciò che ho imparato osservandolo progettare, quando lavorai con Valerio alla progettazione e realizzazione del Centro Scolastico Distrettuale di Dolo, tra il 1978, appena laureata, e fino all’ultimazione dei lavori. Ho cercato di sviluppare il senso di queste lezioni, non negli esiti formali, ma nella ricerca del tratto grammaticale, della vera “pietas” nel rivolgersi alle tracce del passato, nel radicarsi di un linguaggio, di un’idea e nel custodirla."